Coppelia Theatre
Art and Technology
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spettacoli

Chimera

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voce
Michele Di Mauro
performer
Mariasole Brusa
Macchine sceniche
Jlenia Biffi
musiche originali
Stefano Bechini
consulenza elettronica
Vinicio Massai
foto di scena
Mauro Sini
co-produzione
Ravenna Festival
Teatro del Drago

L'ontogenesi di una Chimera raccontata attraverso i Canti Orfici e gli Inediti di Dino Campana

con la voce di Michele Di Mauro

Ibridazione

Il progetto si propone di indagare la leggendaria figura della Chimera, essere mostruoso  della mitologia greca, etrusca e romana, composto da testa e corpo di leone, una seconda testa di capra sulla schiena, e una coda di serpente fornita anch’essa di testa, raffigurata spesso nell’arte antica in atto di vomitare fuoco. Era considerata come un’incarnazione di forze fisiche distruttrici (vulcani o tempeste). In araldica veniva invece rappresentata con testa di donna, petto e zampe posteriori d’aquila, zampe anteriori di leone e coda di serpente. In biologia la chimera è un individuo le cui cellule derivano da due diverse uova fecondate unite accidentalmente o sperimentalmente; mentre nel linguaggio comune la parola chimera ha assunto il significato di “desiderio irrealizzabile, illusione, sogno vano, utopia, assurdità”. 

Sinossi

Lo spettacolo propone una riflessione performativa sul concetto di ibrido. La genesi della Chimera viene rappresentata sulla scena e raccontata attraverso una selezione di testi tratti dai Canti Orfici e dagli Inediti del poeta Dino Campana, interpretati dall’attore Michele Di Mauro e musicate dal compositore Stefano Bechini. L’intensità dell’atmosfera sonora scandisce il percorso interiore e esteriore della Chimera in mutazione: tecniche di danza e teatro fisico vengono inserite in una drammaturgia volta a trasformare in immagini e metafore visuali i versi poetici. La figura umana da larva informe diventa donna, poi essere felino dotato di protesi meccaniche e artigli; infine raggiunge la forma completa di Chimera alata, senza tuttavia esaurire il mistero della propria identità.

Ingegneria Teatrale 

Ultima conquista del laboratorio di Ricerca e Sviluppo della Coppelia Theatre, MECHANICAL WINGS, un sofisticato prototipo di ali meccaniche: un apparato di batterie al litio alimenta un doppio sistema di attuatori lineari responsabili dell’apertura e della chiusura della macchina scenica con l’illusione di un movimento estremamente realistico. Il collegamento del sistema ad una scheda elettronica ha permesso il controllo a distanza del dispositivo sollevando il danzatore dalla necessità del controllo diretto.

Tecnologia

 La ricerca ha previsto lo sviluppo di sofisticate tecnologie per l’automazione delle ali meccaniche: un progetto di ingegneria teatrale esclusivo e raffinato all’interno di una più ampia riflessione sull’applicazione della biorobotica al teatro e alla danza. Le ali, così come i trampoli a forma di zampa di leone (strutture di legno e metallo che sollevano la danzatrice da terra di circa 50 cm e ne deformano totalmente la postura) e gli artigli meccanici retrattili lunghi 60 cm, sono infatti vere e proprie protesi innestate sul corpo della danzatrice che diventa un tutt’uno con la tecnologia. Il corpo dispositivo si trasforma, acquisendo nuovo peso, nuova forma, nuovi limiti, ma anche nuove possibilità e quello che era nella mitologia un ibrido donna-animale diventa nella contemporaneità un ibrido donna-macchina, danzatrice-meccanismo ad esprimere la sintesi perfetta di quel binomio di scienza e poesia, creazione e distruzione che incarna la Chimera.

Tipo di spettacolo
Teatro Danza
lingua
Italiano
età del pubblico
Adulti
durata
60 min
spazio scenico
10 m x 8 m; h 3 m (lo spettacolo può essere eseguito anche all'aperto, ma è necessario un posto riparato dal vento)
montaggio
90 min
smontaggio
30 min

Dino Campana

Campana, Dino. - Poeta (Marradi 1885 - Castel Pulci, Firenze, 1932). Figlio di un maestro elementare, rivelò presto indole inquieta e straordinaria sensibilità. Incapace di adattarsi alla normalità (per le sue stravaganze ebbe a che fare spesso tanto con la polizia quanto con le istituzioni psichiatriche), preferì viaggiare (l'Italia settentrionale, la Svizzera, Parigi nel 1907; un avventuroso viaggio in Argentina nel 1908; frequenti vagabondaggi in Toscana) e coltivare una prepotente vocazione letteraria, i cui primi frutti apparvero (1912-13) su fogli goliardici a Bologna. Frequentò poi per qualche tempo (1913-14) I circoli fiorentini della Voce e di Lacerba. Andato smarrito il manoscritto di prose e di versi che aveva presentato a Papini e Soffici per un giudizio (ritrovato tra le carte di Soffici nel 1971, fu pubblicato in ed. anastatica: Il più lungo giorno, 1973), ricompose i testi a memoria e li pubblicò a sue spese presso un tipografo di Marradi (Canti orfici, 1914). Dopo una turbolenta relazione con S. Aleramo (1916-17), altri viaggi e un tentativo fallito di arruolarsi in occasione dell'entrata in guerra dell'Italia, finì i suoi giorni nel manicomio di Castel Pulci, dove fu ricoverato nel 1918. Nei suoi Canti orfici, raccolta di poesie, di prose liriche e di frammenti, un impressionismo paesistico, affine a quello dei vociani, lievita spesso in un simbolismo denso e ardente, che ricorda A. Rimbaud, suo poeta prediletto insieme con Baudelaire.